La quinta maratona si è compiuta a New York, 7 novembre 2010, ma come al solito di fatto comincia 3 mesi prima con la preparazione.
L’inizio della preparazione non è stata proprio bellissima. Purtroppo mi portavo da maggio un forte dolore al piriforme destro a cui si era aggiunta anche una contrattura alla coscia destra.
Credo di essermele procurate alla mezza a staffetta del Corpus Domini alla Orvieto – Bolsena. Fatto sta che per la prima volta a luglio, poco prima delle ferie, avevo deciso di fare un po’ di terapia per risolvere la cosa.
Tutto ciò si è tradotto poi in 15 giorni di fermo totale e un inizio in Austria della preparazione posticipata di una settimana e veramente faticosa… le prime ripetute da 100m in salita fatte tra i 32 e i 35 secondi (anche se comunque erano belle salite) e poi il veloce fatto a 4m 20s senza riuscire a fare di più.
La tabella di allenamento questa volta è stata mista, un po’ quella mia un po’ quella di Agostino soprattutto nelle uscite domenicali e negli allenamenti del mercoledì.
Man mano che procedevo nell’allenamento il dolore alla contrattura passava, ma non il piriforme. Nel complesso però potevo correre. Dopo un paio di lunghi a Villa Pamphili (da 38 km) con il capitano e tutto il gruppo il dolore al piriforme c’era, anche forte, ma sul momento era governabile e potevo andare. In questo paio di uscite mi sono convinto che la maratona la potevo sostenere e quindi ho completato le prenotazioni per il viaggio.
Ero comunque preoccupato per la gara, in primo luogo per i dolori con cui dovevo (e devo ancora… sigh…) convivere, poi i tempi negli allenamenti non erano al top… insomma New York non sarebbe stato il luogo per il mio miglior tempo.
Siamo arrivati a New York il giovedì 4 novembre. Ad attenderci freddo e una bella pioggia.
La mattina dopo appuntamento con Agostino, Eugenio, Francesco, Nestore e Roberto per una sgambata. Io stavo a un paio di km e mezzo dall’albergo sulla 5 Avenue di Agostino e il gruppo. È stato molto bello. Abbiamo corso sulla 5 avenue fino a Central Park dove c’era veramente una marea di gente. Sembrava quello il giorno della maratona.
Non molto lontano Columbus Circle (dove hanno sparato a John Lennon) il traguardo era già montato a 26,22 miglia dentro Central Park e poco più avanti, andando verso est, c’era il miglio 25… insomma si poteva dedurre un percorso all’interno del Parco non esattamente in pianura e le salite non sono proprio il massimo quando stai per finire.
La mattina dopo (sabato) sono uscito da solo, in quanto non potevo partecipare alla garetta davanti alla FAO per motivi di tempo. Per errore di valutazione alla fine ho fatto 13 km… non proprio scarico insomma, ma andare per le vie di New York in quella splendida mattinata era veramente bellissimo.
Infine è arrivata la fatidica notte prima della maratona.
Va detto che i giorni precedenti non ero esattamente rimasto a riposo. Il venerdì tutto il giorno in giro e così il sabato, con gita a Staten Island per passare vicino alla Statua della Libertà. Nel percorso del traghetto, mi guardavo il ponte di Verrazano, lontano verso l’orizzonte e pensavo che in meno di 24 ore sarei stato li sotto, la mia griglia, quella verde, doveva passare sotto il ponte. Insomma due giorni di giri turistici tra musei e mall.
Per la maratona avevo preparato tutto come al solito due giorni prima e controllato di nuovo al sera precedente.
Delle difficoltà logistiche della maratona di New York mi avevano parlato allungo e un po’ mi ero preparato. Tutto comincia alle 5:00 del mattino (6:00 visto che quella domenica scattava anche l’ora legale negli USA), con la presa di un autobus sulla 5 avenue davanti alla Public Library di New York, quella con i Leoni. Sono arrivato giusto in tempo ed ero solo, i miei amici chissà su quale autobus erano già andati.
L’autobus ci ha portato direttamente alla partenza senza passare dal ferry boat, atraversando la città e quindi sul ponte di Verrazano.
Arrivati sul posto un freddo orribile, inoltre era ancora notte. Il posto era comunque ben fornito di cose per la colazione, c’era infatti the, caffè americano come se piovesse, vari integratori e anche le immancabili ciambelle dunkin donuts. Ho approfittato per farmi un paio di caffe con tantissimo zucchero e prendere una barretta energetica.
Ho cercato un posto in una tenda per stare al caldo, sperando in una posizione che non fosse troppo dannosa per le gambe, le anche, le ginocchia… insomma ci mancava compromettersi la gara per aver tenuto una posizione sbagliata troppo allungo…
Avevo con me il mio Samsung Galaxy con dentro una biblioteca di cose da leggere, ma poi ho fatto quattro chiacchiere con una vicina plurimaratoneta e un francese che doveva chiudere nelle 3 ore. Tra le cose che ho appreso in queste due chiacchiere era la frequenza dei ristori, praticamente ogni miglio (tranne che sui ponti).
Avvicinandosi la partenza, verso le 8:00 ho iniziato a cambiarmi. A causa del freddo non riuscivo a stare fermo, tanto erano forti i brividi. Scommettendo comunque sulla bella giornata poi ho deciso di mettere una maglietta sotto con la canottiera della società con guanti e fascia. Sopra, fino alla partenza, avrei tenuto il pile preso da decatlon.
Alle 8:30 ho consegnato la mia busta trasparente al camion e ho tentato di scaldarmi. Credo che su via del corso alle 16 ci sia meno gente di quella che stava al gate verde…
Insomma neanche fatto un km, alla fine ho rinunciato e mi sono ingrigliato. Erano le 9:00 circa, tolto anche il pile quando hanno aperto le griglie e li il freddo mi ha di nuovo assalito.
In attesa fino alle 9:30 quando sono partiti i diversamente abili, quindi alle 9:40 è stato il nostro turno.
Al colpo di cannone la folla ha iniziato a muoversi. Io ero ben messo, dalla 3 griglia (o corral all’americana) verde e dopo poco passavo sul tappeto blu.
Imboccato il ponte, la parte di sotto, inizialmente avevo iniziato a correre verso l’esterno per consentire al garmin di prendere il segnale, poi visto il vento e il freddo che tirava… mi sono buttato anche io la centro dove stavano tutti.
Il garmin ha fatto bip al primo km sul ponte: non ho visto a quanto andavo per gli occhiali da sole e per la non ottima luce… di fatto durante tutta la gara il garmin l’ho guardato veramente poco e corso molto di più a sensazione. Scaricati i dati ho visto che avevo chiuso a 5:49… ma c’era la salita da freddo, un po’ di casino alla partenza…
Tra i compagni d’inizio ho superato un ragazzo giapponese che correva mascherato da sposa e un vichingo. C’erano parecchi maratoneti variamente vestiti e truccati, anche tra quelli più veloci.
Dopo un po’ c’era il primo miglio. Si narrava che ci doveva essere folla ovunque invece c’era solo il palo segnaletico e basta. Ho pensato che sul ponte non era ammessa gente.
Il secondo km era ancora sul ponte. Non ho visto il tempo (forse 3:46 ma con un po’ di discesa), poi a metà del 2° km il ponte è finito e ci siamo trovati a girare in uno dei giganteschi raccordi che si vedono nei film americani, pieno di gente che correva. Ci siamo poi immessi in un’autostrada (tool road) dove siamo corso (solo noi verdi, i blu e gli arancioni facevano un’altra strada) fino al 3° miglio (circa al 4° km chiuso – forse – a 4:03).
Tra il 4° e il 5° km siamo usciti sulla 7 avenue e li è cominciata la gente, due mura di persone che ci avrebbero accompagnato sempre, tranne che sui ponti, appunto.
La 7 avenue è una via molto larga, le transenne tenevano lontano la gente da noi che correvamo. Era fichissimo. I bambini porgevano le mani perché i runner le battessero. Altri avevano cartelli con sopra scritto di tutto: da “sei forte papà” a “corri come una puttana”.
Uno davanti a me mi ha tagliato la strada e volevo strozzarlo. Poi ho visto che andava sul lato destro per battere la mano ai bambini emi sono pentito dei pensieri cattivi. Più avanti anche io sarei andato a battere le mani ai bimbi.
Al 3° miglio esatto il primo ristoro con tutto acqua, sali, ecc. Essendo praticamente il 5° km mi sono accostato per bere. I ristori erano proprio collocati ogni miglio (come anche i WC e altri servizi), ma mentalmente stavo tarato su acqua ogni 5 km circa, non di più per non perdere tempo. Poi va detto che ogni sorso d’acqua in corsa è comunque una sofferenza per quella che va giù dal naso, spezzi il fiato e per il rallentare della corsa… quindi ogni 5 km andava bene. Tra le varie cose che un po’ la gente un po’ i ristori offrivano c’erano anche fazzoletti, energetici e vasellina. Durante la gara ho preso un po’ tutto.
All’imbocco con la 4 avenue ci siamo ricongiunti con i blu e gli arancioni. Quelli di Terramia (Eugenio, Agostino, Nestore e Roberto) erano con Terramia, quindi cercavo di vedere se c’era Agostino da qualche parte. Un po’ eravamo distanti, un po’ trovare agostino in mezzo a tutto quel casino era veramente difficile, quindi mi sono riconcentrato sulla corsa.
La 4 avenue, percorsa dal 6° al 13° km, è passata abbastanza bene. La strada tutto sommato era un leggero sali scendi e ho corso tranquillamente. Quando il garmin mi annunciava il km davo un’occhiata giusto per controllare che fossi in una qualche media decente, tra i 4:15 e i 4:20.
Mentalmente avevo dichiarato accettabile chiudere anche ad una media di 4:20 o 4:25. In quella parte di gara ho tenuto abbastanza i tempi che mi ero dato. La media era sui 4:18 quindi in linea con i miei presupposti.
A vedere le foto di quel tratto si nota come fosse un momento buono. I piedi si alzavano bene dal suolo e la corsa era veramente corsa.
Va detto che i vialoni di New York, che non finiscono, mai fanno una strana impressione. Si vede questa fila di gente senza soluzione di continuità che corre. Alcuni stanno già su quella curva dove tu arriverai tra chissà quando. Ora sulla 4 avenue tutto sommato andava bene, poiché abbastanza in piano. Ma quando vedi la lunga salita ci vuole un sacco di determinazione.
Ad un certo punto il percorso piegava e prendeva Lafayette Avenue. Intorno al 9 miglio (circa 14,4 km) ho preso dell’acqua. Nel dubbio se prenderla subito o andare al 10° ho preferito subito.
Lafayette Avenue alla fine durava un paio di km, mi trovavo così al 15 km dove passavo a circa 1:03:38. La media era ancora 4:14 in totale quindi andava bene e mi sembra senza troppa fatica. Il piriforme comunque si faceva già sentire, ma riuscivo a stendere bene la gamba e tanto mi bastava.
Eravamo praticamente a Brooklyn , arrivando dai Queens… forse non è che abbia capito molto della topografia di New York… La strada piegava verso nord e si imboccava Bradford Av. La zona diventava improvvisamente silenziosa. Figure scure, uomini e donne, si comportano come se la maratona non ci fosse. È strano, un paio di passi prima c’era un casino e adesso il silenzio. Eravamo nel quartiere degli ultraortodossi ebrei . Figure tutto sommato un po’ tristi prese nelle loro cose e nelle loro quotidianità. Magari è proibito partecipare alla festa. Gli unici punti musicali erano rappresentati dai poliziotti di guardia che si erano portati appresso i loro stereo e li facevano suonare per strada.
Il silenzio e l’assenza di festa dura una decina di minuti, poi sul finire del 17 km, ritorna la gente e la festa.
La zona è contraddistinta da palazzi in legno e non tanto alti. Una cosa per strana a New York, abituati come siamo a vedere i grattacieli di Manhattan.
In effetti una delle cose interessanti della maratona è che si passava per zone non proprio turistiche e quini dove non andresti. Ma anche quelle zone sono New York e vederle con quel sole e in questo modo è veramente fichissimo e fa sentire un po’ meno la fatica.
Il passo è sempre lo stesso, un km più veloce e uno un po’ più lento anche secondo le salite e le discese. Mentre correvo mi ha chiamato Francesco. Lo vedo bello pimpante mentre io tutto sommato vado ma di più non posso. Si era affiancato e gli chiedo come sta e se sa dove sta il capitano. Mi ha detto che il capitano non si sentiva bene con le gambe e che stava correndo senza orologio.
Francesco intanto aveva deciso di mettersi affianco a me e a correre insieme. In effetti un po’ abbiamo corso insieme poi prima della mezza l’avevo perso di vista.
Eravamo su un bel vialone assolato e alberato, poi siamo passati sotto un ponte e poi di nuovo al sole. Nel tratto con Francesco tutto sommato ero preoccupato di riuscire a tenere il suo passo e quindi un po’ acceleravo anche.
Bradford Av poi è diventata Manhattan Avenue intorno al 20 km (10 miglio). Dentro di me pensavo che la mezza era vicina e ancora tutto sommato andava…
Dopo un km ci siamo immessi su un altro vialone bello assolato. Non sapevo in quale parte della città fosse, ma era un posto pieno di affitta auto. Poco più avanti, si apriva una via laterale della Mc Guinness Blvd e iniziava la salita del Pulaski Bridge. Miglio 13,1 passato a 1:30 circa. A vedere le foto adesso del passaggio noto come il passo si sia accorciato e meno “volante”. In effetti il pensiero andava alla seconda metà della gara ancora da fare e alla stanchezza che sentivo.
La proiezione dava 3 ore alla fine… ma c’era ancora tutta la seconda parte e mentalmente dovevo aggiungere altri 10 minuti. Tutto sommato 3:10:00 poteva andare bene.
Comunque rispetto a Roma avevo guardato l’orologio e soprattutto fattomi condizionare dal Garmin molto di meno. Ogni volta prendevo atto del tempo fatto sul km piuttosto che stabilire come andare sul prossimo.
Il ponte ci ha portato nel Queens (almeno credo). I km 22 e 24 erano un po’ in salita e iniziavo ad accumulare un po’ di ritardo, 4:24 e 4:20 i tempi rispettivi.
Un altro km un po’ lento (il 24 km a 4:32), ma dentro di me nessuna intenzione di recuperare. Anche perché poi cominciava il Queensboro Bridge con una bella salita, per cui il km 25 l’avevo chiuso a 5:17 e il successivo (con un po’ di discesa) a 4:50.
Stavamo entrando a Manhattan. Il ponte scendeva dolcemente, ma il percorso imboccava una via laterale un po’ più ripida. Curva un po’ brusca all’ombra e quindi di nuovo la gente (mai ammessa sui ponti).
A questo punto cominciava la 1 avenue. La via era lunghissima, dal 26 al 31 km, in leggera salita (o meglio comunque non in discesa) e con un fiume di gente multicolore che correva davanti a me, inclusi quelli che erano ormai erano in cima alla via e stavano già girando. Ma cominciavano anche gli scoppiati, quelli che avevano finito la benzina e cominciavano a piantarsi.
A Roma al 27 km c’è la Moschea…
La via era decisamente larga, la gente che incitava sui bordi e un sacco di bambini. La fatica cominciava a farsi sentire e ho iniziato a perdere velocità, passando da 4:06 sulla discesa del ponte a 4:44 verso il km 31.
Il km 32 era ancora su un ponte per entrare nel Bronx a nord di New York. Sulla salita del ponte mi ero quasi piantato, chiudendo il km a 4:51. Il giro nel Bronx copriva dal 32,5 km al 34 km. Il tempo era salito a 4:43, ma non ho pensato neanche un momento ad alzare il passo. Il piriforme mi doleva abbastanza e non pensavo avesse senso, in quelle circostanze e a quella distanza dal traguardo di alzare il ritmo.
Siamo tornati a Manhattan dal ponte della 138 strada. Qualcuno urlava ad una donna vicino a me, in inglese, che era l’ultimo ponte. Eravamo tra il 34 e il 35 km.
A Manhattan ci siamo immessi sulla 5 Avenue. Un’altra via lunga lunga in salita con il solito serpentone di gente che saliva… e soprattutto quelli che erano già in cima…
Il mio passo si era molto accorciato e assecondavo le salite senza più provare ad accelerare. I tempi erano sui 4:45. In discesa un po’ meglio ma la media era salita a 4:20 su tutta la gara fino a quel momento.
In totale sulla 5 avenue abbiamo percorso 4 km. La stanchezza era arrivata anche se ancora non mi ero accorto. Percorrevo il tratto del 38 km ormai accanto a Central Park e speravo solo che non mancasse molto all’ingresso. Il km 38 era anche in salita. Avevo provato a reagire per stare almeno nelle 3:05 come speravo. Ma quando provai ad allungare il passo mi accorsi che non riuscivo a tenerlo. Mi accorsi solo allora che ero in crisi… e chissà da quando. Andava bene così e a questo punto diventava importante solo arrivare al traguardo.
L’ingresso nel parco avveniva tra il 38 e il 39 km davanti al Museo Guggenheim. L’ingresso al parco era in leggera discesa. Dentro di me mi ripetevo che ormai era fatta e dovevo solo finire.
Il km 40 e 41 nel parco erano ancora in leggera salita, tenevo i 4:50 e mi stava bene. Pensavo che l’obiettivo delle 3:10 almeno era ottenibile. Il 25 miglio era in leggera risalita ma era fatta. Nelle foto vedo adesso che il passo è più da marcia che da corsa… la sospensione aerea dei primi km non c’è più.
Il percorso nel parco persegue e a metà del 26 miglio si passa accanto al Columbus Circus. Ho girato seguendo il sentiero e quindi ho puntato al traguardo che ormai si vedeva. Ho passato il miglio 26 e infine le ultime iarde. Nella testa chiudere ad almeno 3:10… ma il timer era andato a 3:12…
Finito! Il tempo dell’orologio al traguardo diceva 3:12:14, il Garmin 3:11:42. Successivamente era confermato il tempo del garmin.
Ero contento. Non era esattamente andata come volevo, ma avevo finito, nonostante il dolore alla chiappa, che era diventato così forte da non potermi sedere.
Ho ricevuto la medaglia e quindi un mantello termico. Mi hanno fatto anche una foto…. Mi sono tolto gli occhiali e lo sguardo era allucinato (la volta prossima tengo gli occhiali). Ho ricevuto anche acqua e cibo che ho subito consumato.
Finita… Il camion era l’ultimo dall’arrivo a quasi un altro miglio. Dopo un po’ il freddo era tornato e la stanchezza mi faceva andare molto piano. Poi arrivato al camion mi sono cambiato senza crampi (strano ma vero) e via verso casa.
Forse potevo spingere di più, non ho sentito la crisi fino al 38 km (quando ho provato ad accelerare), mi sono cambiato senza crampi… ma va bene come è andata. Un’altra maratona come quella di marzo di Roma, fatta tutto il tempo a guardare il tempo, non volevo ripeterla.