La mia quinta maratona

La quinta maratona si è compiuta a New York, 7 novembre 2010, ma come al solito di fatto comincia 3 mesi prima con la preparazione.

L’inizio della preparazione non è stata proprio bellissima. Purtroppo mi portavo da maggio un forte dolore al piriforme destro a cui si era aggiunta anche una  contrattura alla coscia destra.

Credo di essermele procurate alla mezza a staffetta del Corpus Domini alla Orvieto – Bolsena. Fatto sta che per la prima volta a luglio, poco prima delle ferie, avevo deciso di fare un po’ di terapia per risolvere la cosa.

Tutto ciò si è tradotto poi in 15 giorni di fermo totale e un inizio in Austria della preparazione posticipata di una settimana e veramente faticosa… le prime ripetute da 100m in salita fatte tra i 32 e i 35 secondi (anche se comunque erano belle salite) e poi il veloce fatto a 4m 20s senza riuscire a fare di più.

La tabella di allenamento questa volta è stata mista, un po’ quella mia un po’ quella di Agostino soprattutto nelle uscite domenicali e negli allenamenti del mercoledì.

Man mano che procedevo nell’allenamento il dolore alla contrattura passava, ma non il piriforme. Nel complesso però potevo correre. Dopo un paio di lunghi a Villa Pamphili (da 38 km) con il capitano e tutto il gruppo il dolore al piriforme c’era, anche forte, ma sul momento era governabile e potevo andare. In questo paio di uscite mi sono convinto che la maratona la potevo sostenere e quindi ho completato le prenotazioni per il viaggio.

Ero comunque preoccupato per la gara, in primo luogo per i dolori con cui dovevo (e devo ancora… sigh…) convivere, poi i tempi negli allenamenti non erano al top… insomma New York non sarebbe stato il luogo per il mio miglior tempo.

Siamo arrivati a New York il giovedì 4 novembre. Ad attenderci freddo e una bella pioggia.

La mattina dopo appuntamento con Agostino, Eugenio, Francesco, Nestore e Roberto per una sgambata. Io stavo a un paio di km e mezzo dall’albergo sulla 5 Avenue di Agostino e il gruppo. È stato molto bello. Abbiamo corso sulla 5 avenue fino a Central Park dove c’era veramente una marea di gente. Sembrava quello il giorno della maratona.

Non molto lontano Columbus Circle (dove hanno sparato a John Lennon) il traguardo era già montato a 26,22 miglia dentro Central Park e poco più avanti, andando verso est, c’era il miglio 25… insomma  si poteva dedurre un percorso all’interno del Parco non esattamente in pianura e le salite non sono proprio il massimo quando stai per finire.

La mattina dopo (sabato) sono uscito da solo, in quanto non potevo partecipare alla garetta davanti alla FAO per motivi di tempo. Per errore di valutazione alla fine ho fatto 13 km… non proprio scarico insomma, ma andare per le vie di New York in quella splendida mattinata era veramente bellissimo.

Infine è arrivata la fatidica notte prima della maratona.

Va detto che i giorni precedenti non ero esattamente rimasto a riposo. Il venerdì tutto il giorno in giro e così il sabato, con gita a Staten Island per passare vicino alla Statua della Libertà. Nel percorso del traghetto, mi guardavo il ponte di Verrazano, lontano verso l’orizzonte e pensavo che in meno di 24 ore sarei stato li sotto, la mia griglia, quella verde, doveva passare sotto il ponte. Insomma due giorni di giri turistici tra musei e mall.

Per la maratona avevo preparato tutto come al solito due giorni prima e controllato di nuovo al sera precedente.

Delle difficoltà logistiche della maratona di New York mi avevano parlato allungo e un po’ mi ero preparato. Tutto comincia alle 5:00 del mattino (6:00 visto che quella domenica scattava anche l’ora legale negli USA), con la presa di un autobus sulla 5 avenue davanti alla Public Library di New York, quella con i Leoni. Sono arrivato giusto in tempo ed ero solo, i miei amici chissà su quale autobus erano già andati.

L’autobus ci ha portato direttamente alla partenza senza passare dal ferry boat, atraversando la città e quindi sul ponte di Verrazano.

Arrivati sul posto un freddo orribile, inoltre era ancora notte. Il posto era comunque ben fornito di cose per la colazione, c’era infatti the, caffè americano come se piovesse, vari integratori e anche le immancabili ciambelle dunkin donuts. Ho approfittato per farmi un paio di caffe con tantissimo zucchero e prendere una barretta energetica.

Ho cercato un posto in una tenda per stare al caldo, sperando in una posizione che non fosse troppo dannosa per le gambe, le anche, le ginocchia… insomma ci mancava compromettersi la gara per aver tenuto una posizione sbagliata troppo allungo…

Avevo con me il mio Samsung Galaxy con dentro una biblioteca di cose da leggere, ma poi ho fatto quattro chiacchiere con una vicina plurimaratoneta e un francese che doveva chiudere nelle 3 ore. Tra le cose che ho appreso in queste due chiacchiere era la frequenza dei ristori, praticamente ogni miglio (tranne che sui ponti).

Avvicinandosi la partenza, verso le 8:00 ho iniziato a cambiarmi. A causa del freddo non riuscivo a stare fermo, tanto erano forti i brividi. Scommettendo comunque sulla bella giornata poi ho deciso di mettere una maglietta sotto con la canottiera della società con guanti e fascia. Sopra, fino alla partenza, avrei tenuto il pile preso da decatlon.

Alle 8:30 ho consegnato la mia busta trasparente al camion e ho tentato di scaldarmi. Credo che su via del corso alle 16 ci sia meno gente di quella che stava al gate verde…

Insomma neanche fatto un km, alla fine ho rinunciato e mi sono ingrigliato. Erano le 9:00 circa, tolto anche il pile quando hanno aperto le griglie e li il freddo mi ha di nuovo assalito.

In attesa fino alle 9:30 quando sono partiti i diversamente abili, quindi alle 9:40 è stato il nostro turno.

Al colpo di cannone la folla ha iniziato a muoversi. Io ero ben messo, dalla 3 griglia (o corral all’americana) verde e dopo poco passavo sul tappeto blu.

Imboccato il ponte, la parte di sotto, inizialmente avevo iniziato a correre verso l’esterno per consentire al garmin di prendere il segnale, poi visto il vento e il freddo che tirava… mi sono buttato anche io la centro dove stavano tutti.

Il garmin ha fatto bip al primo km sul ponte: non ho visto a quanto andavo per gli occhiali da sole e per la non ottima luce… di fatto durante tutta la gara il garmin l’ho guardato veramente poco e corso molto di più a sensazione. Scaricati i dati ho visto che avevo chiuso a 5:49… ma c’era la salita da freddo, un po’ di casino alla partenza…

Tra i compagni d’inizio ho superato un ragazzo giapponese che correva mascherato da sposa e un vichingo. C’erano parecchi maratoneti variamente vestiti e truccati, anche tra quelli più veloci.

Dopo un po’ c’era il primo miglio. Si narrava che ci doveva essere folla ovunque invece c’era solo il palo segnaletico e basta. Ho pensato che sul ponte non era ammessa gente.

Il secondo km era ancora sul ponte. Non ho visto il tempo (forse 3:46 ma con un po’ di discesa), poi a metà del 2° km il ponte è finito e ci siamo trovati a girare in uno dei giganteschi raccordi che si vedono nei film americani, pieno di gente che correva. Ci siamo poi immessi in un’autostrada (tool road)  dove siamo corso (solo noi verdi, i blu e gli arancioni facevano un’altra strada) fino al 3° miglio (circa al 4° km chiuso – forse – a 4:03).

Tra il 4° e il 5° km siamo usciti sulla 7 avenue e li è cominciata la gente, due mura di persone che ci avrebbero accompagnato sempre, tranne che sui ponti, appunto.

La 7 avenue è una via molto larga, le transenne tenevano lontano la gente da noi che correvamo. Era fichissimo. I bambini porgevano le mani perché i runner le battessero. Altri avevano cartelli con sopra scritto di tutto: da “sei forte papà” a “corri come una puttana”.

Uno davanti a me mi ha tagliato la strada e volevo strozzarlo. Poi ho visto che andava sul lato destro per battere la mano ai bambini emi sono pentito dei pensieri cattivi. Più avanti anche io sarei andato a battere le mani ai bimbi.

Al 3° miglio esatto il primo ristoro con tutto acqua, sali, ecc. Essendo praticamente il 5° km mi sono accostato per bere. I ristori erano proprio collocati ogni miglio (come anche i WC e altri servizi), ma mentalmente stavo tarato su acqua ogni 5 km circa, non di più per non perdere tempo. Poi va detto che ogni sorso d’acqua in corsa è comunque una sofferenza per quella che va giù dal naso, spezzi il fiato e per il rallentare della corsa… quindi ogni 5 km andava bene. Tra le varie cose che un po’ la gente un po’ i ristori offrivano c’erano anche fazzoletti, energetici  e vasellina. Durante la gara ho preso un po’ tutto.

All’imbocco con la 4 avenue ci siamo ricongiunti con i blu e gli arancioni. Quelli di Terramia (Eugenio, Agostino, Nestore e Roberto) erano con Terramia, quindi cercavo di vedere se c’era Agostino da qualche parte. Un po’ eravamo distanti, un po’ trovare agostino in mezzo a tutto quel casino era veramente difficile, quindi mi sono riconcentrato sulla corsa.

La 4 avenue, percorsa dal 6° al 13° km, è passata abbastanza bene. La strada tutto sommato era un leggero sali scendi e ho corso tranquillamente. Quando il garmin mi annunciava il km davo un’occhiata giusto per controllare che fossi in una qualche media decente, tra i 4:15 e i 4:20.

Mentalmente avevo dichiarato accettabile chiudere anche ad una media di 4:20 o  4:25. In quella parte di gara ho tenuto abbastanza i tempi che mi ero dato. La media era sui 4:18 quindi in linea con i miei presupposti.

A vedere le foto di quel tratto si nota come fosse un momento buono. I piedi si alzavano bene dal suolo e la corsa era veramente corsa.

Va detto che i vialoni di New York, che non finiscono, mai fanno una strana impressione. Si vede questa fila di gente senza soluzione di continuità che corre. Alcuni stanno già su quella curva dove tu arriverai tra chissà quando. Ora sulla 4 avenue tutto sommato andava bene, poiché abbastanza in piano. Ma quando vedi la lunga salita ci vuole un sacco di determinazione.

Ad un certo punto il percorso piegava e prendeva  Lafayette Avenue. Intorno al 9 miglio (circa 14,4 km) ho preso dell’acqua. Nel dubbio se prenderla subito o andare al 10° ho preferito subito.

Lafayette Avenue alla fine durava un paio di km, mi trovavo così al 15 km dove passavo a circa 1:03:38. La media era ancora 4:14 in totale quindi andava bene e mi sembra senza troppa fatica. Il piriforme comunque si faceva già  sentire, ma riuscivo a stendere bene la gamba e tanto mi bastava.

Eravamo praticamente a Brooklyn , arrivando dai Queens… forse non è che abbia capito molto della topografia di New York… La strada piegava verso nord e si imboccava Bradford Av. La zona diventava improvvisamente silenziosa. Figure scure, uomini e donne, si comportano come se la maratona non ci fosse. È strano, un paio di passi prima c’era un casino e adesso il silenzio. Eravamo nel quartiere degli ultraortodossi ebrei . Figure tutto sommato un po’ tristi prese nelle loro cose e nelle loro quotidianità. Magari è proibito partecipare alla festa. Gli unici punti musicali erano rappresentati dai poliziotti di  guardia che si erano portati appresso i loro stereo e li facevano suonare per strada.

Il silenzio e l’assenza di festa dura una decina di minuti, poi sul finire del 17 km, ritorna la gente e la festa.

La zona è contraddistinta da palazzi in legno e non tanto alti. Una cosa per strana a New York, abituati come siamo a vedere i grattacieli di Manhattan.

In effetti una delle cose interessanti della maratona è che si passava per zone non proprio turistiche e quini dove non andresti. Ma anche quelle zone sono New York e vederle con quel sole e in questo modo è veramente fichissimo e fa sentire un po’ meno la fatica.

Il passo è sempre lo stesso, un km più veloce e uno un po’ più lento anche secondo le salite e le discese. Mentre correvo mi ha chiamato Francesco. Lo vedo bello pimpante mentre io tutto sommato vado ma di più non posso. Si era affiancato e gli chiedo come sta e se sa dove sta il capitano. Mi ha detto che il capitano non si sentiva bene con le gambe e che stava correndo senza orologio.

Francesco intanto aveva deciso di mettersi affianco a me e a correre insieme. In effetti un po’ abbiamo corso insieme poi prima della mezza l’avevo perso di vista.

Eravamo su un bel vialone assolato e alberato, poi siamo passati sotto un ponte e poi di nuovo al sole. Nel tratto con Francesco tutto sommato ero preoccupato di riuscire a tenere il suo passo e quindi un po’ acceleravo anche.

Bradford Av poi è diventata Manhattan Avenue intorno al 20 km (10 miglio). Dentro di me pensavo che la mezza era vicina e ancora tutto sommato andava…

Dopo un km ci siamo immessi su un altro vialone bello assolato. Non sapevo in quale parte della città fosse, ma era un posto pieno di affitta auto. Poco più avanti, si apriva una via laterale della Mc Guinness Blvd e iniziava la salita del Pulaski Bridge. Miglio 13,1 passato a 1:30 circa. A vedere le foto adesso del passaggio noto come il passo si sia accorciato e meno “volante”. In effetti il pensiero andava alla seconda metà della gara ancora da fare e alla stanchezza che sentivo.

La proiezione dava 3 ore alla fine… ma c’era ancora tutta la seconda parte e mentalmente dovevo aggiungere altri 10 minuti. Tutto sommato 3:10:00 poteva andare bene.

Comunque rispetto a Roma avevo guardato l’orologio e soprattutto fattomi condizionare dal Garmin molto di meno. Ogni volta prendevo atto del tempo fatto sul km piuttosto che stabilire come andare sul prossimo.

Il ponte ci ha portato nel Queens (almeno credo). I km 22 e 24 erano un po’ in salita e iniziavo ad accumulare un po’ di ritardo, 4:24 e 4:20 i tempi rispettivi.

Un altro km un po’ lento (il 24 km a 4:32), ma dentro di me nessuna intenzione di recuperare. Anche perché poi cominciava il Queensboro Bridge con una bella salita, per cui il km 25 l’avevo chiuso a 5:17 e il successivo (con un po’ di discesa) a 4:50.

Stavamo entrando a Manhattan. Il ponte scendeva dolcemente, ma il percorso imboccava una via laterale un po’ più ripida. Curva un po’ brusca all’ombra e quindi di nuovo la gente (mai ammessa sui ponti).

A questo punto cominciava la 1 avenue. La via era lunghissima, dal 26 al 31 km, in leggera salita (o meglio comunque non in discesa) e con un fiume di gente multicolore che correva davanti a me, inclusi quelli che erano ormai erano in cima alla via e stavano già girando. Ma cominciavano anche gli scoppiati, quelli che avevano finito la benzina e cominciavano a piantarsi.

A Roma al 27 km c’è la Moschea…

La via era decisamente larga, la gente che incitava sui bordi e un sacco di bambini. La fatica cominciava a farsi sentire e ho iniziato a perdere velocità, passando da 4:06 sulla discesa del ponte a 4:44 verso il km 31.

Il km 32 era ancora su un ponte per entrare nel Bronx a nord di New York. Sulla salita del ponte mi ero quasi piantato, chiudendo il km a 4:51. Il giro nel Bronx copriva dal 32,5 km al 34 km. Il tempo era salito a 4:43, ma non ho pensato neanche un momento ad alzare il passo. Il piriforme mi doleva abbastanza e non pensavo avesse senso, in quelle circostanze e a quella distanza dal traguardo di alzare il ritmo.

Siamo tornati a Manhattan dal ponte della 138 strada. Qualcuno urlava ad una donna vicino a me, in inglese, che era l’ultimo ponte. Eravamo tra il 34 e il 35 km.

A Manhattan ci siamo immessi sulla 5 Avenue. Un’altra via lunga lunga in salita con il solito serpentone di gente che saliva… e soprattutto quelli che erano già in cima…

Il mio passo si era molto accorciato e assecondavo le salite senza più provare ad accelerare. I tempi erano sui 4:45. In discesa un po’ meglio ma la media era salita a 4:20 su tutta la gara fino a quel momento.

In totale sulla 5 avenue abbiamo percorso 4 km. La stanchezza era arrivata anche se ancora non mi ero accorto. Percorrevo il tratto del 38 km ormai accanto a Central Park e speravo solo che  non mancasse molto all’ingresso. Il km 38 era anche in salita. Avevo provato a reagire per stare almeno nelle 3:05 come speravo. Ma quando provai ad allungare il passo mi accorsi che non riuscivo a tenerlo. Mi accorsi solo allora che ero in crisi… e chissà da quando. Andava bene così e a questo punto diventava importante solo arrivare al traguardo.

L’ingresso nel parco avveniva tra il 38 e il 39 km davanti al Museo Guggenheim. L’ingresso al parco era in leggera discesa. Dentro di me mi ripetevo che ormai era fatta e dovevo solo finire.

Il km 40 e 41 nel parco erano ancora in leggera salita, tenevo i 4:50 e mi stava bene. Pensavo che l’obiettivo delle 3:10 almeno era ottenibile. Il 25 miglio era in leggera risalita ma era fatta. Nelle foto vedo adesso che il passo è più da marcia che da corsa… la sospensione aerea dei primi km non c’è più.

Il percorso nel parco persegue e a metà del 26 miglio si passa accanto al Columbus Circus. Ho girato seguendo il sentiero e quindi ho puntato al traguardo che ormai si vedeva. Ho passato il miglio 26 e infine le ultime iarde. Nella testa chiudere ad almeno 3:10… ma il timer era andato a 3:12…

Finito! Il tempo dell’orologio al traguardo diceva 3:12:14, il Garmin 3:11:42. Successivamente era confermato il tempo del garmin.

Ero contento. Non era esattamente andata come volevo, ma avevo finito, nonostante il dolore alla chiappa, che era diventato così forte da non potermi sedere.

Ho ricevuto la medaglia e quindi un mantello termico. Mi hanno fatto anche una foto…. Mi sono tolto gli occhiali e lo sguardo era allucinato (la volta prossima tengo gli occhiali). Ho ricevuto anche acqua e cibo che ho subito consumato.

Finita… Il camion era l’ultimo dall’arrivo a quasi un altro miglio. Dopo un po’ il freddo era tornato e la stanchezza mi faceva andare molto piano. Poi arrivato al camion mi sono cambiato senza crampi (strano ma vero) e via verso casa.

Forse potevo spingere di più, non ho sentito la crisi fino al 38 km (quando ho provato ad accelerare), mi sono cambiato senza crampi… ma va bene come è andata. Un’altra maratona come quella di marzo di Roma, fatta tutto il tempo a guardare il tempo, non volevo ripeterla.

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La mia terza maratona, Roma 22 marzo 2009

Terza maratona in assoluto. Questa volta di fatto sei mesi di preparazione. A settembre con Eugenio, Francesco e Renzo avevo fatto una preparazione, neanche tanto leggera, per la maratona di Firenze che comunque non intendevo fare.
 
Poi a dicembre ho ripreso tabella e pazienza e ho iniziato la preparazione per la maratona di Roma.
 
Questa volta tabella nuova. E’ quella che Luciano ha dato a Eugenio e con la quale avevamo già preparato Firenze. E’ una tabella diversa, peggiore o migliore non so, ma già in autunno e inverno mi è sembrata che premiasse un po’ di più la velocità anche in gare corte. Forse è anche grazie a questa tabella che alla Corri al Tiburtino sono sceso a 39 min e qualche seconco.
 
Nella preparazione non sono mancati poi i lunghi, in generale corsi un po’ più veloce di quanto raccomandato dalla tabella stessa. Tra questi il lungo fatto con i mitici Sergio e Massimiliano, senza nessuno che ci seguisse per timore di non farcela… 37 km fatti alla media di 4 minuti e 30 secondi lungo il percorso della maratona.
 
Insomma, quest’anno avevo studiato bene e man mano che si avvicinava la fatidica data cercavo di capire a quanto avrei potuto chiudere. Inzialmente speravo di chiudere a 3 ore e 10 min. Poi più avanti cominciavo a pensare di fare il tempo dell’anno scorso.
 
Dopo la Roma – Ostia… chiusa a 1 ora 24 minuti e 16 secondi… ho cominciato a sentire i mie compagni delle 6 che mi spronavano alle 3 ore.
 
3 ore mi sembrava un tempo impossibile per me. 4 min 15 sec di media per 42 km e 195 metri. Sarei di certo morto molto prima dell’arrivo.
 
Così ho passato la settimana prima della maratona in ansia da prestazione. Tentare a 3 ore o no? Inoltre i pace maker delle 3 ore erano, tra gli altri Paolo ed Ernesto, con i quali avevo corso spesso al parco e sempre con i quali avevamo anche fatto l’ultimo lavoro la domenica prima.
 
Un paio di giorni prima della partenza avevo inziato a pensare diversamente… comunque alla mezza sarei arrivato a qualunque velocità, tanto più a 4 min e 15 sec. Poi si sarebbe visto.
 
Così è arrivato il fatidico giorno. Come da cerimonia e a scopo scaramantico ho preso lo scooter e sono andato al Colosseo, con inserito il numero del pettorale… 1875 un numero basso da 3a griglia.
 
Ho seguito il rituale in modo rigoroso… non si sa mai. Mi sono recato sul solito lato dell’arco di Costantino e li ho trovato i miei compagni. Praticamente c’erano tutti: Agostino, Stefano, Mauro, Nestore, Roberto, Mosè, Francesco, … mancava solo Vito.
 
Faceva abbastanza freddo… che ci mettiamo per correre? alla fine decido per una maglietta sotto la canottiera. Non si sa mai c’è vento e potrebbe avere conseguenze coliche non banali.
 
Mi cambio con tutti gli amici, poi tiro fuori Obi – ono, ribattezzato Friol per l’odore caratteristico… ma alla Roma – Ostia aveva funzionato e quindi l’avevo ripreso.
 
Una volta preparato, senza cuffie quest’anno tanto dovevo correre in gruppo, ho cercato con Agostino dove lasciare la borsa… ovviamente il camion in fondo in fondo… Bene così e sono tornato su provando a fare un po di riscaldamento, ma praticamente impossibile per quanta gente c’è.
 
Mentre mi avvicino alla griglia, trovo Vito che si sta scaldando. Avevo perso di vista praticamente tutti. Resto un po’ con Vito a scaldarci in un anfratto dietro l’arco. Poi si fa tardi e siamo andati alle griglie, Prima di separarci grossi in bocca al lupo.
 
Eccomi in griglia, mancavano ancora 15 minuti… sono da solo quest’anno. Eugenio non c’è e davanti a me ci sono i palloni delle 3 ore. Mi sono avvicinato quanto potevo, ma sempre un po’ dietro. Ma Paolo ed Ernesto erano li davanti.
 
Alle 9 sono partiti i diversamente abili… 5 minuti dopo noi. E andiamo!
 
I primi metri ho faticato un pochino per cercare di non perdere contatto con Paolo ed Ernesto. Siamo andati ovviamente più lenti, cercando di aprirci un varco tra la gente. Già al discesone che portava al Teatro di Marcello Ernesto si era messo avanti cercando di recuperare il passo. Poi al secondo chilometro, a via dei Cerchi, eravamo qualche secondo più veloci della media sempre per riprendere il passo. Passando li davanti mi è venuto in mente il trauma dell’anno precedente. Abbiamo ripreso via dei Cerchi in salita… speriamo che non lo si debba rifare al ritorno, penso tra me e me, ma quando ho visto il tavolo in preparazione per il rifornimento… ho immaginato che di li a tre ore avrei rifatto la salita… e chissà in quali condizioni.
 
La gamba destra mi faceva uno strano dolore sullo stinco… strano, ho pensato, li non ci sono muscoli… che mi fa male?
 
Poco prima del km 3, a piazza Albania, mi sono messo dietro a Paolo ed Ernesto. Ci salutiamo e sono abbastanza convinto che sarà una bella galoppata insieme. Il gruppo delle 3 ore è bello nutrito. Un tizio parlava con Paolo che farà la 100 km a maggio. Gli chiedeva se era la prima volta… ma Paolo è un veterano anche di questa specialità.
 
Al passaggio sotto il ponte ferroviario di via Ostiense mi rendevo conto che il dolore non solo non passava ma stava anche aumentando. Ritirarsi al 4° km pare veramente brutto… Stavo sempre dietro Paolo ed Ernesto. Il passo un po’ più veloce, intorno ai 4 min a km, ma ormai avevamo recuperato e Paolo diceva ad Ernesto di rimettersi al passo.
 
Il 5 km si trovava davanti alla 3 università. Li c’era anche il ristoro. Era la prima volta che affrontavo un ristoro così in gruppo ed è un bel casino… ho cercato di andare il più avanti possibile a prendere l’acqua, ma non è stato banale. Come al solito poi bere in corsa è molto faticoso. Si perde tempo a prendere l’acqua, poi berla è un casino e a ogni sorso il fiatone… insomma dopo un bicchiere d’acqua ci vogliono buoni 500 m per riprendersi…
 
Sono rimasto nel gruppo più o meno affiancato, un po’ alle spalle di Paolo, un po’ al fianco. Ad un certo punto mi sono reso conto che il dolore allo stinco non c’era più. Meglio così. Neanche il tanto temuto dolore all’inguine sinistro che mi ero portato per tutta la settimana…
 
Dal 5 al 10 km siamo passati per viale Marconi, il Ponte e poi il lungo tevere Pietra Papa. Il passo è sempre lo stesso, fisso a 4 minuti e 10 – 15 secondi. Il Garmin nuovo che avevo al polso già suonava 200 metri prima del chilometro…
 
Un po’ dopo il 10 km c’era il ristoro della nostra società. Ci siamo urlati un po’ di saluti ed esortazioni. Anche qui ho preso un bicchiere ma mi sono trovato davanti al gruppo. Tutta via Marmolada l’avevo fatta stando con la coda dell’occhio attento al gruppone delle 3 ore. Viaggiavano come un muro compatto ed erano tanti. Rallentare ed inserirsi è di fatto impossibile. Non mi rimaneva che stare avanti e non perdere contatto.
 
Era molto difficile correre con la coda dell’occhio a guardare dietro. Per quanto cercassi di stare attento, comunque mi stavo allontandando dal gruppone. Mentre giravamo dentro Testaccio mi sono accorto che alla fine non li vedevo più. Mi ero allontanato troppo. Va bene… mi sono detto, devi proseguire così. Uno sguardo al Garmin che mi dava come media ancora 4 minuti e 10 secondi, ma 300 metri in più a km… Tra le vie di Testaccio ho visto davanti a me Romolo. Lo raggiungo e l’ho salutato. Lui mi ha detto che stava bene, sentiva di essere partito troppo veloce e che comunque il mio passo non lo aveva. Lo saluto e ho proseguito.
 
Poco prima della spugnaggio del 12 km siamo di nuovo lungo tevere andando verso nord. Andava tutto bene, ma eravamo ancora al 12 km… devo dire che non eravamo moltissimi, pochi sorpassi, ma eravamo ancora al 12 km appunto…
 
Il 15 km è ancora sul lungo tevere Marzio. Andava sempre bene. La media era sempre la stessa, nessun problema in generale, niente dolori strani, fiato bene. Ma mancano ancora 27 km, il brutto doveva arrivare. Solita litigata per prendere l’acqua e berla, ma di saltare non se ne parla nemmeno. Mi sembrava che iniziasse a fare un po’ più caldo…
 
Intorno al 16 km eravamo arrivati a Piazza Cavour. Mi aveva raggiunto Giovanbattista. Eroico Giovanbattista! Mi ha detto che la settimana prima era a Parigi. Avevo capito che aveva fatto una gara di 30 km a piedi (ma forse era 80 km in bici?). Ero rimasto veramente sorpreso. Una settimana fa aveva fatto già una cosa eroica e adesso stava facendo una maratona e a che passo!
 
Io mi sono congratulato con lui. Ma era difficile parlargli, poichè aveva le cuffie e occorreva urlare per farsi sentire da lui. Giovanbattista seguiva una tecnica tutta sua… ma che alla fine stavo applicando pure io. Intanto si corre a quanto si può, poi quando arriva la crisi si rallenta… ma sarai un bel pezzo avanti.
 
E così, per seguirlo, ero anche sceso di media, in quel tratto il passo era diventato infatti 4 minuti 5 secondi circa. Poco dopo il 16 km eravamo lungo via della Conciliazione, Davanti a noi c’era il cupolone… l’anno scorso erano le Palme e avevamo dovuto fare un’altro giro. Il sole era bellissimo, Non faceva freddo. Il panorama bellissimo e mi sentivo bene. Era ora di prendere l’Enervitene liquido, Nei lunghi mi ero allenato a berlo in corsa. Ho aperto il pacco doppio è dato un bel sorsone. Era caldo… bella forza lo tenevo in mano…
 
Il 17 k è in leggera salita. Stavo sempre con il buon Giovanbattista che teneva un buon passo e lo seguo. Eravamo poco sopra i 4 min a km.
 
Al 18 km siamo in pieno quartiere prati, più o meno in via della Giuliana. Giovanbattista mi diceva che mancano solo 20 km alla fine, io facendo uno sforzo notevole gli avevo detto che erano 24 i km, ma lui mi ha ricordato che dal 39 km al 42 km è tutto gratis…
 
Siamo passati per piazza Mazzini, poi di nuovo lungo tevere, la mezza maratona è vicina. Ho pensato che un mese prima stavo con Sergio e Massimiliano esattamente li… e adesso ero in gara con Giovanbattista.
 
Sono passato sotto il pallone della mezza  a 1 ora 29 minuti e qualche secondo. Rispetto l’anno scorso avevo un buon minuto di meno. Il gruppo delle 3 ore doveva stare poco dietro. La proiezione sarebbe stata comunque a 3 ore… bene così… e tra 6 km ci sarebbe stata la Moschea…
 
Nei chilometri che seguirono, lungotevere Cadorna fino a Tor di Quinto, ero rimato molto concentrato sul percorso. Secondo il Garmin stavo comunque tenendo il passo, con un piccolo cedimento al km 23 dove ero salito sopra media. Anche quel pezzo l’avevo già fatto con Sergio e Massimiliano un mese prima. MI accorgo che Giovanbattista non c’è più, ma l’aveva detto che dopo la mezza avrebbe cambiato passo.
 
Il 25 km è quello d’imbocco dell’Olimpica. Salita sull’Olimpica, e ancora il pensiero va ad un mese prima, e quindi un  po’ di secondi che sono persi sulla rampa. Il rifornimento era più avanti tra il 25 e il 26 km davanti ad un distributore chiuso e rimpito di botttigliette e di alte cose.
Solito bisticcio con l’acqua sia per prenderla che berla. Cominciava qualche cedimento. Qualcuno accennava a camminare e cominciavo a superare più frequentemente.
Il 27 km era quello della Moschea. Stranamente mi sentivo bene non come gli anni precedenti quando in quella zona ho avuto le visioni. Inoltre questa volta i palloncini delle 3 ore erano dietro a me e non molto avanti. In effetti la media Garmin è buona anche se in quel momento mi dava quasi 400 m in più.
 
Dal km 28 cominciava il giro della Corri per Miguel. Leggera discesa, le gambe andavano. Ho recuperato qualche secondo che avevo perso prima. Il pacco di enervitene era già oltre metà, sempre tenuto in mano.
Davanti a me vedo un’uniforme della squadra. E’ Agostino che avanza tranquillo.
 
Il lungotevere dell’Acqua Acetosa scorre bene. Secondo il Garmin tengo i 4 minuti e 8 secondi a km. Tra il 29 km e il 30 km avevo raggiunto Agostino. L’idea era di affiancarlo per un po’. Ma lui mi ha incitato ad andare dicendomi di fare il mio tempone. Mi ha dato una notevole carica e sono andato via ringraziandolo.
 
Al 30 km siamo passati sotto il ponte Flaminio, il ristoro era poco dopo.
 
Dal 30 km al 35 km, tutto il lungotevere, va molto bene. Unico momento strano al sottopassaggio di lungotevere Flaminio la variazione di luminosità mi ha dato una sensazione di stordimento e di quasi svenimento. Mi rendo conto che era la luce e cerco di accelerare per arrivare ancora alla luce. Era così, alla luce la sensazione passa. Un compagno di squadra davanti a me esce di gara. L’ho chiamato spronandolo, mi ha guardato per poi uscire.
 
Fino al 34 km tutto benissimo. Il tempo medio Garmin sul tratto era diminuito di nuovo a 4 minuti e 9 secondi, ma aveva ben 400 metri in più e che andavano scalati dal tempo medio…
 
Al 35 km si è girato dietro l’Ara Pacis e cominciava il mitico centro. Il fondo stradale cambiava da asfalto a sanpietrino. Mi è sembrato di perdere velocità subito, inoltre era arrivata la fatica improvvisa e non attesa.
Poco dopo il 35 c’era il solito rifornimento. Mi ero già accorto di aver diviso mentalmente la corsa in fasi da 5 km l’una. L’arrivo del ristoro chiude una fase ed è come se ci fosse un piccolo traguardo.
 
La fatica era arrivata, il sampietrino sembrava durissimo, ma eravamo al centro e mancavano solo 7 km, meno di quanto facevamo in allenamento. A metà del 35 km eravamo a piazza di Spagna. Anche quest’anno c’erano i tavolini fuori. Ero affaticato ma mi sentivo certamente meglio dell’anno scorso. Forse mi ricordavo meglio quello che sarebbe venuto e questo mi stava aiutando.
 
Il 36 km era quello di corso vittorio e via del plebiscito. Poco dopo aver imboccato corso Vittorio altra casacca Road Runner davanti a me. Era il mitico Roberto. Un autentico fenomeno della natura che con i soli lunghi domenicali e qualche mercoledì aveva preparato la maratona. L’avevo affancato per fare un po’ di strada insieme, invece mi ha esortato a continuare. Pacca sul sedere e sono andato avanti. Poco dopo ho finito anche l’Enervitene… adesso il prossimo cibo era al traguardo.
 
Durante i km 37 e 38 ho inziato a rallentare seriamente. Il garmin aveva accumuato ormai 600 m di anticipo, ma mi aveva dato una media su quel tratto di 4 minuti e 17 secondi.  Lungo via del Corso, ad andare verso piazza del Popolo c’era Patrizia con le bimbe, Angelo e la figlia. Mi ha fatto molto piacere vederle e mi ha dato un tono.
 
Il 37 km era a piazza del Popolo.  Il nuovo gruppetto con cui stavo viaggiava abbastanza compatto. Superavamo qualcuno, ma si andava. Davanti a me un tizio fichissimo, cappello mizuno nero, divisa nera, guanti neri e braccia scoperte. Passava tra la gente e li incitava ad applaudire. E la gente applaudiva…
 
Eravamo al km 39, salendo per via del Babbuino da piazza del Popolo e di nuovo verso piazza Venezia. Era fatta, stavo tenendo in tutti modi il passo, Avevo anche accelerato rispetto al km precedente. A piazza Venezia, dietro il pallone che segnava la piazza stessa ancora Patrizia e il gruppetto. Altri saluti e via.
 
Ero arrivato… Il tizio fichissimo si stava allontanando e non riuscivo più a riprenderlo. Ormai eravamo al 40 km, di nuovo via Petroselli con la mitica via dei Cerchi che incombeva. km difficilissimo, ho perso buoni 10 secondi, salendo a 4 min e 24 secondi. Al ristoro l’anno precedente mi ero proprio fermato. Quest’anno ho preso il bicchiere in corsa e via lungo la salita.
 
Ormai era fatta. La salita di via dei Cerchi era dura, ma meno dell’anno precedente. La velocità era ancora peggiorata, ma era fatta veramente. Quando ho girato in cima a via dei Cerchi, c’erano parecchi, Romolo, Eugenio, Sergio, Aessandro ed Antonia. Tutti che mi incitavano a finire.
 
Ultimo km. Davanti a me il mitico pallone che segnalava l’ultimo km. Mentalmente visualizzo la strada, la salita attorno al Colosseo sul sampietrino, poi salita senza sampietrino, poi discesa e traguardo. Ho stretto i denti e spinto ancora, non ho perso altra velocità, addirittura ho superato qualcuno sull’ultimo tratto di salita.
 
Girato attorno al Colosseo comincia la discesa e appare l’arrivo. In alto il display che mostrava 2 ore 57 minuti e tanti secondi. In testa un solo obiettivo, meno di 3 ore! Il display inizia il 58 minuto… io accelero non posso fregarmi per così poco. Poi l’orologio intacca il 59 minuto… qualche secondo… è fatta! Ho passato il traguardo e inchiodo.  E’ fatta! E’ fatta! Il Garmin diceva 2 ore 59 minuti e 16 secondi.
 
Dopo il traguardo ho trovato Massimiliano. Era arrivato davanti a me di 25 secondi circa, ma non l’avevo proprio visto. Mi ha detto che aveva faticato molto nel secondo tratto. Era arrivato solo grazie alla testa…
 
Questa volta il chip non è alla caviglia, sta dietro il pettorale, ma mi aiutano lo stesso a toglierlo. Poi uno scout mi mette al collo la medaglia con Marco Aurelio a Cavallo. Ho preso anche il telo argenteo, che con il vento che c’era svolazzava con un suono di plastica.   Io stavo cercando solo l’acqua… quando la trovo prendo il pacco del ristoro e vado a ritirare la borsa. Mi sono perso di vista con Massimiliano, la sua borsa era molto prima della mia.
 
E’ fatta. Con la borsa al fianco ho cercato un posto dove cambiarmi. Mi sono seduto… so bene che adesso occorre muoversi con estrema cautela… basta un respiro fatto male ed è subito crampo. Faceva freddo e dovevo cambiarmi… ma piano… piano… E’ fatta!
 
 
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Mezza maratona di Rieti (20 aprile 2008)

Prima volta che correvo questa gara. Rieti evoca montagne nell’inconscio collettivo e quindi si immaginano mostruosi saliscendi o magari peggio… dei salisali e basta.

Ma a sentire qualcuno che l’aveva già fatta sembrava che fosse meno terribile, più pianeggiante e veloce.

Appuntamento a Roma, al solito posto alle 6.30 con Eugenio, poi verso Rieti. Per fortuna a quell’ora niente traffico e siamo arrivati alla piazza della partenza. Nessuno e nulla… niente stand, niente gonfiabili… ma c’era veramente?

Dopo un po’ di peregrinare abbiamo incontrato qualche altro runner in cerca di notizie. Infine è apparsa una macchina della polizia che ci ha accompagnato al raduno allo stadio di Rieti. Nel vedere la gente con le scarpette, gli stand, ecc. mi sono rincuorato.

Al solito, prima cosa trovare dove eravamo come stand per ritirare il pettorale. Dopo qualche giro abbiamo trovato il nostro tavolo con Fabio e Monica che distribuivano i pettorali. Sono apparsi anche gli altri della squadra… insomma eravamo tutti… tutti quelli che potevano correre erano li a Rieti.

Tra chiacchiere e varie, si è fatta l’ora di prepararsi. Ero un po’ indeciso per il freddo… mi sembrava che la temperatura fosse in netto rialzo… correre con la maglietta o no? alla fine ho optato per niente maglietta.

Ho fatto il riscaldamento con Eugenio ed Agostino. Circa 4 km tra discesette, salitelle e allunghi vari. Agostino per la verità mi appariva un po’ piegato.

Durante il riscaldamento confesso che vari dolori che affioravano alle gambe, un mezzo raffreddore che aveva deciso di uscire qualche giorno prima, un probabile incipit di tosse… insomma non sapevo proprio come avrei fatto 21 km… ma si sarebbe visto.

Una volta alla partenza, ho messo le cuffie e mi sono caricato gli Enigma… questa volta un po’ bassi, così almeno potevo sentirmi respirare e soprattutto sentire gli altri.

In mezzo a tutti aspettando la partenza, Eugenio mi passa del gel. Lui aveva due bustine e una gli bastava. Io accetto e penso a come portarla… in mano? sembrava di si.

Mentalmente ripenso a come devo farla, 84 minuti è impossibile, posso provare a 87… 4m 10s al km.

Mentre stavo pensando se mettere le cuffie indietro o avanti… lo sparo a tradimento. E andiamo !

Primi 5 km dentro Rieti. Primo km a 3m 55s troppo veloce… ma era discesa, quindi accettabile mi dico. Il cuore a pompare forte e quando vedo il 1° segnale di km mi sento già stremato e mi sovviene il pensiero… ma come farò gli altri 20 km?

Il 2° km è mediamente in salita. Più o meno a metà vedo Fabio, Agostino e qualche altro della società. Vado un po’ più veloce. Il Garmin dice che sto a 3m 40s… ma è discesa e si può ancora andare. Supero i colleghi e proseguo.

Cosi passano il 3 e 4 km in città. Si gira una curva a gomito e c’è una bella salita, poi altro gomito e discesissima. Io continuo a pompare probabilmente anche troppo, ma considero che il Garmin già mi segna 100 m in più quindi la velocità potrebbe essere un tantino esagerata.

Al 6 km riallineo il garmin con gli indicatori dei km e comincia il tratto fuori città.

Siamo circa 600 partecipanti, non tanti, quindi finiti i sorpassi e il tratto in città tutti affettuasamente attaccati, fuori Rieti il gruppo si snocciola e come avevo immaginato ognuno corre da solo. Davanti a me un gruppetto, con anche una donna, che probabilmente va qualche secondo più veloce di me, poi ci sono io che corro da solo e dietro chissà.

In cuffia sempre gli Enigma, ma tengo il volume basso per sentirmi comunque respirare.

Ho passato il ristoro del 5 km senza prendere nulla. Al 7 c’è lo spugnaggio. Ma ho indosso occhiali per mascherare la fatica nelle foto, varia elettronica ecc. Temendo di folgorarmi 🙂 qualora mi bagnassi ho saltato anche gli spugnaggi.

Poco prima di uscire dalla città mi affianca Fabio. Mi sembra che voglia proseguire con me… abbasso il sonoro del Samsung e mentalmente penso per quanto tempo reggerò ancora quella velocità, ma Fabio dopo poco mi molla e resta indietro.

La forte fatica è continuata per tutta la gara. Ad ogni km che passava mi chiedevo come avrei potuto continuare fino alla fine.

Per i primi 10 km tengo abbastanza bene la velocità, sto tra i 4m e i 4m 3s a km e passo il 10 km praticamente a 40 m. La proiezione direbbe 84 m, ma so bene che dopo inizierò a rallentare.

La corsa prosegue in campagna. Le strade sono rettilinee e lunghe, assolutamente pochissimo pendenti. Sullo sfondo il Terminillo bianco di neve. Ora sta di fronte, ora sta a destra, ora a sinistra.  I sorpassi sono molto rari. Mi è rimasto impresso un tizio con una maglietta bianca e dietro sporco come se si fosse strofinato sulla pista. Mi sono chiesto come avesse fatto a sporcarsi così… si stava sciogliendo l’abbronzatura?

Dentro la città lo superato quasi subito in una delle salite. Poi fuori città mi supera lui correndo molto sostenuto. Dopo il 10 km lo riprendo e non mi supererà più.

Dopo il 10 km comincia il lento ma inesorabile rallentamento. Il senso di fatica aumenta e penso che forse è un falso piano…

Al 17 km c’è il vero crollo. Fino a quel momento avevo tenuto una media intorno a 4m 6 o 7 s, il 17 km lo chiudo a 4m 12s. A guardare adesso il profilo della pendenza, gli ultimi 500 m sono in salita… anche se leggera, forse è questo.

Anche il 18 km è in leggera salita, sempre a guardare adesso i dati del Garmin, tanto che lo chiudo in 4m 13s.

Il 19 km passa a 4m 15s e mentalmente penso che anche se inchiodassi adesso comunque chiuderei a 1h 30m. Provo a pensare a quanto potrei chiudere la gara se continuassi così. Certo che la lucidità è scarsa… ma mi sembra che potrei chiudere ancora bene… insomma mancano 2 km cribbio!

Il 20 km passa a 4m 13s. Speravo di fare meglio. Adesso comincia la volata finale… faccia a terra, passi brevi, ritmo sostenuto, andiamo verso la fine.

Prima che si chiuda il 21 km entriamo nello stadio di Rieti. Mi metto sulla più interna delle piste e pompo con quanta forza mi è rimasta. Bellissimo correre sulla pista… in assoluto la prima volta per me.

La pista risponde ai balzi della corsa in modo che sembra attivo. certo che la luce, le righe, ecc. fanno uno strano effetto visivo, ma è bellissimo.

Il 21 km lo chiudo a 4m 3s, gli ultimi 100 m sono in curva, ormai è fatta… arrivato! 1 ora 27 minuti 2 secondi (tempo ufficiale 5 secondi). Passo medio 4m 7s a km. Va bene così. 

Una ragazza mi mette al collo una mediaglietta, ma il mio pensiero è bere… dove sta l’acqua? Sono anche tutto un dolore… come se mi fossi strappato qualcosa nell’interno coscia (e mi fa male ancora oggi).

Mentre cerco l’acqua sento l’annunciatore che parla di una sfida sul traguardo tra Fabio e Agostino. "Fabio si permette di pensare a superare Agostino" dice la voce. Poi saprò che Fabio è rimasto dietro di 1 solo secondo e stava tirando talmente tanto che non è riuscito a fermarsi superato il traguardo.

Trovo fuori dove sta l’acqua, ritiro il pacco gara (a dire il vero molto deludente).

Tornato sulla linea dell’arrivo ci sono i vari compagni che sono giunti. C’è anche Lorella che un po’ delusa mi dice che non ha fatti questa corsa per problemi muscolari.

Mi sciaquo a una fontanella e mi avvio verso l’auto. C’è Agostino, Eugenio, Nestore… insomma, siamo arrivati un po’ tutti.

Mi fa un po’ male entrambi gli interni coscia… ma va bene così. E anche questa è fatta… ma la corsa per le ville di Frascati si salta!

Prossimo appuntamento Appia Run e incrociamo le dita.

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La mia seconda maratona

il 16 marzo 2008 ho corso la mia seconda maratona in assoluto, qui a Roma.

 

Pettorale 2955, seconda griglia dietro ai vip e top runner. Sono arrivato al Colosseo con lo scooter. Era poco prima delle 8.00, ma la gente era già tantissima. Ho trovato i miei amici al luogo convenuto, poco distanti dall’arco di Costantino. C’è quasi tutto il gruppo delle 6, Agostino, Stefano, Mauro, Nestore, Eugenio. Poi è arrivato anche Alessandro con la moglie.

Poi sono arrivati anche gli altri della squadra. Dopo esserci scambiati gli scongiuri ognuno è andato a lasciare la borsa al camion.

Per la prima volta ho deciso di correre con un po’ di musica. Il giorno prima avevo comprato delle cuffie leggere, proprio per correre e avevo anche preparato una compilation da corsa a base di Corvus Corax…

Messi gli occhiali, le cuffie e preparata la musica, il Garmin e controllate le tavolette di Enervit ho fatto un breve riscaldamento e mi sono buttato in griglia dove ho trovato Eugenio, Francesco e altri compagni di squadra.

La musica era fortissima, suonava "The Final Countdown" degli Europe, l’adrenalina nel sangue altrettanto alta.

Mi sono preparato con il gruppo delle 6 per 3 lunghissimi mesi. Ripetute, medi, corti, lunghi, lunghissimi… tutto lasciava pensare ad un tempo medio di 3 ore e 10 minuti. Ma ci sarei veramente riuscito? Il mio gruppo si aspettava questo tempo… o meglio ancora… ma 42,195 km sono tanti e possono succedere tante cose.

La sera prima avevo provato a calcolare i vari passaggi a 10, 15, 20 , 30 km. Foglione excel e tanti calcoli. Usciva una media di 4m 23 s a km… dovevo tenere quel passo.

Poco prima delle 9.00 sono partiti i diversamente abili e retrorunner,  poi è cominciata la nostra avventura.

Eugenio avrebbe seguito i palloncini delle3 ore e 15 min. Francesco andava per le 3 ore e 30 min… insomma ero solo. All’ultimo momento ho optato per i Depeche Mode, sparati il più alto possibile in cuffia e via.

 

All’inizio si cammina, ma ero abbastanza avanti e molto presto mi sono trovato a correre a 4m 25s, andava bene.

 

All’inizio avevo dolori ovunque, mi domandavo se sarei arrivato alla fine. Ma Agostino il giorno prima, scherzando aveva detto proprio quello… scommetto che con tutti i dolori che sentite oggi vi state chiedendo come frete a correre la maratona domani… era vero!

 

Passo piazza venezi8a, poi ci si butta in discesa verso il Circo Massimo, poi ancora verso la Piramide. Lungo il viale che porta verso San Paolo vengo affiancato dai palloni delle 3 ore. Un mare di gente dietro. Intravedo un paio di compagni di squadra, sono Claudio e Stefano. La tentazione di buttarmi anche io  nel gruppo è fortissima, ma 3 ore è fuori portata. Il mio Garmin, nel quadrante della velocità media, riportava 4m 15s, mentre la velocità istantanea era di 4m 5s. Va bene così e li ho lasciati sfilare facendo attenzione a non perdere troppo il contatto.

Poco prima del primo ristoro ai 5 km, supero Claudio, mentre Stefano prosegue dietro i palloni delle 3 ore.

Al ristoro ho preso acqua, i sali li avevo con le barrette di enervit. Un po’ d’acqua è arrivata anche nello stomaco… passando tra naso e bocca…

Proseguo al mio passo. Nei pressi di piazza della Radio vedo l’inglese davanti a me. Ha un paio di persone dietro che lo proteggono dalla fiumana di gente e due ai lati. Mentre lo supero parte spontaneo un applauso al quale mi unisco volentieri.

Al ristoro del 10 km arrivo un po’ in anticipo rispetto alla media che avevo studiato. Passo a 43m… rispetto ai 44m stimati a tavolino. Il ristoro è gestito ai miei compagni di squadra. Mollicone urla qualcosa ma ho le cuffie a tutto volume e non capisco. Prendo un bicchiere d’acqua da Antonio e come il precedente lo bevo un po’ con la bocca e un po’ con il naso.

Passata via Marmolada e di nuovo sul lungo Tevere mi sembra di vedere un amico che non sentivo da un po’. Sta tornando indietro con qualche altra persona. Che abbia perso il chip? Lo chiamo ma non mi ha sentito. Comunque ho controllato che il mio chip fosse ancora alla caviglia.

Verso il 14 km è tempo di prendere una barretta di enervit. Le avevo provate in allenamento tirandole fuori dal tubetto. Per la gara ne avevo preparate 8 incartate una per una in alluminio e messe in un porta cellulare alla cintura. La preparazione si rivela efficace. Più difficile e farla sciogliere in bocca mentre si corre. La volta prossima proverò il gel.

Sono arrivato al ristoro del 15 km con la tavoletta praticamente sana, ma ho preso acqua comunque. Questa volta mi sono portato il bicchiere con me un po’ più allungo, prendendo sorsi più piccoli e curando che vadano solo e solamente per la gola.

Eravamo arrivati a piazza Cavour, poco dopo ho visto Romolo che tornava in corsa dopo una… ritirata. E’ poco lontano e lo supero incitandolo.

Il mio passo è sempre molto veloce, più veloce di quanto avessi pianificato, procedo a 4m 17s di media. Il Garmin suona i bip in anticipo sui chilometri segnati. Lo riallineo con i km segnati in gara, ma segna circa 200 m di più… forse devo tagliare meglio le curve?

Lungo il via della Giuliana incontro Nestore ed Enzino, mi avvicino per salutarli. Enzino mi vede rallentare e mi esorta a proseguire, a raggiungere i palloni delle 3 ore. Saluto e proseguo.

Al ristoro del 20 km arrivo con in bocca la seconda tavoletta… Ho preso il bicchiere e l’ho bevuto con la tecnica dei sorsettini.

La mezza maratona la passo sempre in anticipo rispetto alla mia tabella di marcia, al tempo di 1h 30m. La proiezione direbbe 3 ore… e in effetti i palloni delle 3 ore sono sempre in vista.

 

Continuo a correre, un occhio al Garmin, uno ai km segnati. Il gruppo è abbastanza rarefatto. Diventa abbastanza raro superare o essere superati. Il gruppo delle 3 ore è avanti ma sempre a vista.

Il 25 km arriva quando comincino ad arrivare i primi sintomi della stanchezza. Mi accorgo che sto leggermente rallentando, ma la velocità media va bene. I palloni delle 3 ore mi sembrano essersi allontanati.

Poco dopo c’è la Moschea e il mitico 27 km. La crisi che mi aveva colto qui l’anno scorso è di nuovo qui in agguato. C’è una leggera salita, non si vede nulla, non c’è pubblico… è proprio il luogo ideale per la crisi. Sono in buona compagnia. Io continuo a correre ma in molti camminano. Lungo la discesa, tra il 28 e il 29 km, c’è un pace maker delle 3 ore (presumo) che si sta ritirando. Stava mettendo via il pallone, ma sulla maglia era ben scritto pace maker.

Sempre in quella zona mi supera un compagno di squadra che non conosco. Corre con passo preciso e inesorabile… sembra non stia faticando per nulla.

In quella zona butto in bocca la 3 tavoletta di enervit, ma mi ha abbastanza stomacato… dubito ne assumerò ancora.

Arriva il 30 km, il ristoro, l’acqua. L’anno scorso mi ero fermato a bere, ma adesso non ho tempo. Sto rallentando ancora, sto a 4m 20s circa, ma la media è ancora buona e devo tenere.

Da quelle parti supero Fabio, che procede con tenacia.

Al sottopasso del lungo tevere incontro Renzo che sta in bici con il bimbo. Mi incita, mi dice che è da poco passato Agostino e che mi vede bene. Io sto per morire… ma evidentemente tengo bene. Merito degli occhiali da sole?

Renzo mi saluta, va a vedere gli altri. Io lo saluto, rimetto i Depeche Mode e mi preparo alla salita del sottopasso.

Il 34 km è vicinissimo. Da li comincia il centro. Mi ricordo che l’anno scorso li erano tornate le forze…

Al 34,5 km giriamo verso piazza Navona. Cominciano i sampietrini e le salitelle del centro. È dura, più dura dell’anno scorso, ma il tempo medio è ancora buono, devo stringere i denti, mancano solo 8 km.

A piazza Navona ci sono i tavolini e le persone sedute al bar che ci guardano passare… pensa se correndo gli prendessi una bottiglia d’acqua come ai ristori…

Il ristoro del 35 km sta su corso Vittorio Emanuele. Prendo una bottiglietta d’acqua, sperando di bere meglio… va in effetti meglio e la butto poi in un camion della nettezza urbana.

Dopo il 36 km comincia via del Corso. Mi sembra lunghissima, mancano solo 6 km ancora, ma c’è da arrivare in fondo e tornare poi verso il Colosseo.

Continuo a rallentare, ma la media è ancora buona. Quando giro a piazza del popolo non vedo più i palloni delle 3 ore, ma intravedo Agostino e Paolo. Mi sembrano a portata e provo ad accelerare per raggiungerli.

Salitella ancora con sampietrini. Sono stanco e rallento più di quanto pensassi. Al 40 km mi fermo qualche secondo e mando giù, tutto via esofago, un bicchiere d’acqua. Quanto è buona l’acqua… ancora 10 minuti al massimo e mi posso scolare tutta l’acqua che voglio.

Agostino è ancora in vista ma si è allontanato. La benzina è finita… faccio la salita di via dei Cerchi a 5 m a km. Il 41 km è ancora più duro… ma è finita. Finiscono i sampietrini. Tutti attorno a me si mettono a correre all’impazzata… penso che possono andare a quel paese… ma è l’ultimo allungo e mi butto anche io. Comincio a correre e sento i muscoli che tirano, ci mancherebbe uno strappo adesso… ma proseguo, il garmin mi dice che sto a 4m e 7s… mancano solo pochi metri… supero uno in maglia rossa e alzo le braccia. È fatta. 3 ore 6 minuti e 26 secondi.

All’arrivo c’è Vincenzo, un amico che è il primo a congratularsi con me, ma c’è anche Enzo e la mamma che stenta a riconoscermi.

 

Poco più avanti una ragazza mi mette al collo la medaglia. Mi levano il chip, io non ci provo neanche a chinarmi, memore delle fitte dell’anno scorso, infine ricevo un mantello termico che svolazza al vento e fa tanto rumore.

C’è anche Agostino e Paolo. Ci congratuliamo uno con l’altro. Agostino ha avuto un problema alla coscia, ma ha chiuso lo stesso. È stata solo testa e volontà a portarlo all’arrivo.

 

È fatta…. Non resta che ritirare la borsa con il cambio. Rimango sorpreso, mi sembra che ci sia pochissima gente, non come l’anno scorso che era tutto occupato… Arriveranno dopo…

 

È fatta! Devo cambiarmi ma ho tutto il tempo che voglio adesso…

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